Le barriere coralline sono tra gli ambienti più affascinanti che conosciamo. A chiunque, quando parliamo di barriere, viene in mente subito un mondo coloratissimo pieno di costruzioni dalle forme più disparate e abitate da animali di ogni genere. Ma se andiamo a vedere i coralli esposti nelle teche dei negozi, dei musei e dei collezionisti, li troviamo tutti bianchi o tutt’al più con velati riflessi brunastri o rosati.
Come mai?
I coralli sono animali marini invertebrati i cui singoli individui, chiamati polipi, formano colonie sorrette da uno scheletro calcareo costruito dagli animali stessi. I polipi (da non confondere con i ben più grossi polpi, i molluschi a 8 braccia tanto apprezzati in cucina) sono formati da un corpo munito di tentacoli che circondano una bocca collegata a una cavità gastrica interna (Celenteron, da cui il nome del loro gruppo, celenterati, di cui fan parte anche le meduse). Esistono tantissimi tipi di coralli di varie forme e dimensioni, ma non tutti formano barriere. Quelli che lo fanno vengono definiti coralli calcarei o coralli “ermatipici”. Le barriere si sviluppano in genere in acque limpide, calde e poco profonde, fino a poche decine di metri. Questa notevole limitazione è imposta dalla presenza, nei tessuti dei polipi, di specifiche alghe unicellulari che vivono in simbiosi con essi.
Queste sono le zooxantelle (protozoi dinoflagellati appartenenti al genere Symbiondinium) che necessitano di luce solare per poter effettuare la fotosintesi. Ed ecco da dove derivano i colori dei coralli, niente di meno che dai vari pigmenti fotosintetici che assorbono le diverse radiazioni luminose della luce solare.
Questa simbiosi è fondamentale perché su di essa si basa tutto l’ecosistema della barriera corallina e permette ai coralli di avere alti tassi di crescita in un ambiente altrimenti piuttosto povero di nutrienti. Di giorno i polipi dei coralli se ne stanno ritratti all’interno dello scheletro e sfruttano l’associazione con le alghe per ricevere ossigeno e sostanze nutritive prodotte durante la fotosintesi (fino al 90% delle risorse energetiche possono derivare da questa fonte). Durante la notte, i coralli estendono i polipi che si nutrono invece catturando le particelle organiche presenti nell’acqua. Le zooxantelle ottengono in cambio protezione, riparo, nutrienti (per lo più materiali di rifiuto dei coralli) e l’anidride carbonica utile per i processi di fotosintesi. E’ inoltre documentato che la presenza delle alghe simbionti catalizza e favorisce il processo di deposizione del calcio per la costruzione dello scheletro da parte dei polipi, sebbene il meccanismo molecolare sia ancora oggi oggetto di studio. Pensate che i coralli possono ospitare alcuni milioni di zooxantelle per cm2, solitamente le ereditano dal genitore e mantengono questa associazione per tutta la vita.
BIOLUMINESCENZA
Negli ultimi anni moltissimi centri per subacquei propongono immersioni in notturna per ammirare la bioluminescenza dei coralli. Infatti, oltre ai pigmenti fotosintetici, le zooxantelle di molti coralli possiedono dei pigmenti che, se stimolati con luce ultravioletta, restituiscono fluorescenza di svariati colori. Questo fenomeno è ancora poco studiato ma secondo le ultime ricerche la funzione di questi pigmenti fluorescenti sarebbe quella di proteggere le alghe e i polipi dall’eccesso di radiazione solare, dato che alle latitudini dove si sviluppano barriere, l’irraggiamento del sole è intenso. Sostanzialmente, l’eccesso di raggi solari inibisce la fotosintesi e i raggi ultravioletti possono danneggiare i tessuti delle alghe e dei coralli. Questi pigmenti assorbono i raggi UV e li restituiscono sotto forma di fluorescenza. Di giorno non si può notare a causa della luce ma di notte offrono uno spettacolo affascinante.
Ma allora perché alcuni coralli si presentano bianchi?
Abbiamo visto che le barriere sopravvivono in condizioni piuttosto limitate di temperatura e luminosità. Quando queste condizioni vengono meno per un tempo prolungato, i coralli sono sottoposti a stress ed espellono dai loro tessuti le alghe simbionti, rivelando il colore bianco dello scheletro calcareo. Se le condizioni non si normalizzano per un periodo troppo lungo, il corallo non riacquisirà più le zooxantelle e andrà a morire. Ecco perché troviamo coralli bianchi (“coral bleaching” o “sbiancamento”) in mezzo alle barriere in un fenomeno che purtroppo sta diventando sempre più frequente a causa dei cambiamenti climatici.
“Ma allora la preziosissima collana di corallo che ho ereditato da mia nonna non è rossa davvero!”
In realtà, non tutti i coralli prendono il colore dalle zooxantelle. Il corallo rosso mediterraneo (Corallium rubrum Linneaum, 1758), ad esempio, fa parte di un altro gruppo di coralli e non costruisce barriere ma vive in ambienti scarsamente illuminati come le pareti e le grotte al di sotto dei 20 m di profondità. Non arrivando, qui, abbastanza luce solare, non può sfruttare la simbiosi con le alghe (che non potrebbero effettuare la fotosintesi) per ricavare nutrimento e infatti i polipi estesi appaiono bianchissimi. Le ramificazioni del corallo invece si presentano di un caratteristico colore rosso vivo. Ma a cosa è dovuto? La composizione del suo scheletro è ancora oggetto di studi ma secondo i dati più recenti la colorazione deriva dalla presenza di carotenoidi più altre molecole la cui funzione non è del tutto chiara: potrebbero avere un ruolo protettivo, oppure, potrebbero essere semplicemente l’accumulo di ciò che mangiano (come i fenicotteri che prendono una tonalità rosata per via dei gamberi di cui si cibano). Fatto sta che a causa della sua colorazione, questo animale esclusivo del mar Mediterraneo in passato è stato largamente sfruttato nell’industria della gioielleria. Purtroppo, è un organismo con tassi riproduttivi e di crescita molto bassi e per questo abbiamo assistito al progressivo impoverimento dei nostri mari della presenza di questo animale così unico e particolare. Oggi la sua pesca è regolamentata in tutto il bacino mediterraneo, ma sussistono ancora numerosi episodi di pesca illegale.
La presenza delle zooxantelle si riscontra anche in altri organismi marini come meduse, vermi piatti, spugne e molluschi. Un esempio degno di nota sono le maestose Tridacne, molluschi bivalvi dalle dimensioni spettacolari (la specie più grande Tridacna gigas raggiunge il metro e mezzo) dei quali molti di voi ne avranno ammirato la conchiglia utilizzata come acquasantiera in diverse chiese d’Europa (come la Basilica di San Nicola di Bari), e nel cui mantello ospitano numerosissime alghe simbionti che gli conferiscono una forte colorazione che varia dal verde al giallo e dall’azzurro al viola.
Permettetemi, infine, una considerazione cui mi trovo costretto per dovere morale e professionale. Meglio evitare di comprare o raccogliere scheletri di coralli di qualsiasi tipo. Come ho già scritto, è sorprendente la capacità delle barriere di crescere in ambienti poverissimi di nutrienti e questa loro capacità si basa su un equilibrio assai fragile e precario che già intacchiamo in diversi modi. Rimuovere gli scheletri dall’acqua sottrae quindi una cospicua riserva di calcio dal mare che non può essere riutilizzata dagli organismi marini. La stessa cosa vale per le conchiglie e dovrebbe essere presa come regola generale. Anche io fatico a resistere all’umano istinto cleptomane che si sviluppa davanti a questi bellissimi capolavori naturali ma la il ritorno dei minerali nel loro ambiente è sicuramente un fatto positivo che può evitare effetti disastrosi sugli equilibri dell’ecosistema.
Pubblicato sul sito di IACC Italia (Associazione Italiana dei Consulenti/Progettisti del colore) Link
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